manovre

Promosso sul campo, manovre all’estero e il virus si «esercita»

Benedetto Figliuolo. La brigata corazzata Ariete di Pordenone parteciperà infatti all’ennesima esercitazione nella base “tedesca”, in realtà un poligono militare gestito direttamente dallo Us Army. Ad Honenfels si ammasseranno 6000 militari provenienti da diversi Paesi

Su proposta del ministro della Difesa Guerini, il Consiglio dei ministri ha ratificato all’unanimità la nomina del generale Francesco Paolo Figliuolo alla direzione del Comando operativo di Vertice Interforze. Il generale, già Commissario straordinario all’emergenza Covid, incassa sul campo un nuovo prestigioso incarico, l’ennesima “medaglia” da apporre al fianco delle già numerosissime che affollano la sua divisa. La sottosegretaria alla difesa Puccianelli, in una nota, si dice certa che l’alto ufficiale saprà «dare un importante contributo di esperienza e competenza alla guida del Comando Interforze preposto alla pianificazione, coordinamento e direzione delle operazioni militari delle Forze Armate italiane, delle esercitazioni interforze e multinazionali e di tutte le attività ad esse collegate».

Nel frattempo, proprio ieri, presso la base bavarese di Honenfels a due passi dalla Repubblica Ceca, ha avuto inizio una esercitazione internazionale che durerà sino al 5 febbraio. L’Italia, che da decenni si distingue ogni volta per il suo presenzialismo bellico – compreso il biennio pandemico – non poteva mancare: la brigata corazzata Ariete di Pordenone parteciperà infatti all’ennesima esercitazione nella base “tedesca”, in realtà un poligono militare gestito direttamente dallo Us Army. Ad Honenfels si ammasseranno 6000 militari provenienti da diversi Paesi ma i soldati dell’Ariete, che conoscono bene la struttura addestrativa, hanno espresso seria preoccupazione per l’ennesima «indispensabile» missione. «Siamo preoccupati perché ci sarà la convivenza in un un’unica area addestrativa di circa 6000 militari provenienti da ogni Nazione.

Ci faranno dormire in delle camerate dalla capienza di 30-35 persone, con i bagni in comune e l’assenza di una ditta per le pulizie (…) in Germania i luoghi di lavoro saranno rappresentati da aule di pochi metri quadrati, nelle quali si dovrà convivere sette giorni su sette. Stiamo andando in Germania a prendere il Covid…».

Con una lettera anonima, considerata anche la mancata democratizzazione e sindacalizzazione delle forze armate, i soldati fanno sapere che ritengono «pericolosa, fuori luogo e non necessaria la partecipazione» all’esercitazione visto che «in tutto il nord Europa la situazione epidemiologica peggiora. In Germania il livello dei decessi per Covid è molto elevato con circa 420 vittime al giorno. Ha davvero senso sfidare il destino della variante Omicron? Secondo noi no. Al primo caso di positività saremo messi tutti in quarantena, ma è il fatto che ci spaventa di meno. Abbiamo paura di contrarre la malattia. Le autorità militari avrebbero potuto rinunciare al viaggio ma non l’anno fatto. Non sappiamo a chi rivolgerci».

Cosa risponde ai soldati il generale Francesco Paolo Figliuolo, ora nella sua doppia veste di Commissario straordinario all’emergenza Covid e Comandante del Vertice Interforze? Forse che l’assembramento prolungato di Honenfels non è poi tanto diverso dalle code per il Black Friday?
A quanto pare l’atteggiamento degli alti vertici militari a cui i soldati dell’Ariete hanno tentato di fare arrivare la loro voce e la loro preoccupazione è lo stesso dimostrato verso le vittime dell’esposizione all’uranio impoverito nelle missioni di guerra all’estero o presso i poligoni nazionali: un sonoro chissenefrega.

“Whatever it takes”, per dirla con Draghi: a qualunque costo, ed in linea con l’incoerenza colpevole nella gestione della pandemia, l’Italia deve continuare sulla strada della sua trentennale belligeranza con «prontezza operativa», «sacrificio», fede atlantica ma soprattutto sostegno crescente ai fatturati dell’industria bellica nazionale.

 
Gregorio Piccin 
pubblicato su Il Manifesto
l’11.01.2022

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