Defender

La manovre Nato sabotate dal virus

Defender Europe 20. Il Covid-19 si insinua nella più grande esercitazione Nato degli ultimi 25 anni: da marzo a maggio l’impiego e l’arrivo di circa 30mila militari Usa affiancati da 7mila soldati degli altri Paesi Nato. Molto probabile che verrà pesantemente ridotta dalla pandemia in corso. Rattrista il fatto che se ciò dovesse accadere non sarebbe per effetto delle mobilitazioni pacifiste e antimilitariste.

Il Covid-19 comincia a insinuarsi nel dispiegamento della più grande esercitazione Nato degli ultimi 25 anni. L’esercitazione Defender Europe 20 che prevede ancora, da marzo a maggio, l’impiego e l’arrivo di circa 30mila militari Usa affiancati da 7mila soldati degli altri Paesi Nato. Proprio mentre Trump, che minimizza in patria l’epidemia, dopo aver allertato e proibito i viaggi in Italia, chiude i cieli ai voli civili verso tutta l’Europa.

Ora altamente simbolico risulta il fatto che il comandante delle truppe statunitensi in Europa, generale Cristopher Covoli, sia in quarantena insieme con i membri del suo staff a causa di un possibile contagio contratto durante una riunione sulle manovre.

Azzardiamo una previsione: è molto probabile che, trattandosi di esercitazioni che dureranno mesi – stravolgendo fra l’altro le inadatte infrastrutture civili europee –, alla fine verrà pesantemente limitata, ridotta nelle dimensioni se non addirittura «sabotata» del tutto dalla pandemia in corso. Di questo ha parlato, inascoltato, solo il manifesto con ben due articoli del nostro Manlio Dinucci (qui e qui).

Rattrista il fatto che se ciò dovesse accadere non sarebbe per effetto delle mobilitazioni pacifiste e antimilitariste o della assoluta censura arrivata contro le denunce del gruppo parlamentare della Sinistra Europea ma «soltanto» dalla inesorabile diffusione del virus.

Ieri l’ufficio stampa del Bundeswehr, l’esercito tedesco, ha riferito che: «…Sono previste misure per isolamento o quarantena di possibili malati e contagiati durante il Def20 a livello regionale nelle caserme tedesche con alloggi per i partecipanti alle esercitazioni, nonché presso le strutture mediche statunitensi in Germania. L’espansione del Coronavirus attualmente non ha alcun effetto diretto su Def20».

Tutto bene quindi, tutto sotto controllo?

A leggere queste dichiarazioni viene da pensare che nella mentalità degli alti comandi la pandemia di Covid-19 sia in realtà percepita come una ghiotta occasione per rendere più «piccante» l’esercitazione stessa. Non la pensa così, per fortuna, il governo finlandese che ha deciso di ritirare il suo piccolo contingente di 400 unità dalla partita.

Ben più «impegnativa» la saggia decisione presa dalla Norvegia che ha cancellato completamente la manovra “Cold Response 20”, una importante collaterale della Def20, che si sarebbe svolta completamente in territorio norvegese.

«Mettendo fine all’esercitazione ora, eviteremo anche ogni pressione non necessaria sul sistema sanitario civile, per esempio con malattie tra i soldati, incidenti o test del coronavirus tra il personale», ha detto il generale norvegese Rune Jakobsen. Ridotto nel numero anche il contingente statunitense, senza tuttavia una indicazione precisa in tal senso.

Ieri lo stesso ministro della Difesa Guerini ha annunciato che l’Italia non parteciperà all’esercitazione. Del resto lo stesso capo di Stato maggiore dell’esercito, generale Salvatore Farina, è in quarantena e come lui sono in quarantena altri generali di corpo d’armata dell’esercito che hanno partecipato ad alcune riunioni con Farina.

Guerini, sembrato rattristato per questa defezione, ci tiene a sottolineare che «l’Italia è tra i principali contributori delle missioni Nato, Ue e Onu e l’operato delle sue Forze Armate è riconosciuto in tutto il mondo. La Nato è il pilastro fondamentale, insieme all’Unione europea, per la nostra difesa e l’Italia continuerà a fornire il suo prezioso contributo nelle missioni internazionali per la stabilizzazione delle aree di crisi da dove provengono le minacce per la nostra sicurezza».

A quanto pare non c’è speranza che il governo del cambiamento cambi rotta: invece di cogliere l’occasione dell’ennesima emergenza nazionale (dopo terremoti, dissesto idrogeologico, grandi incendi) per ripensare radicalmente il concetto di “difesa” e “sicurezza” in chiave di supporto alla Protezione Civile, mette semplicemente in «congelatore» la tradizionale sudditanza alla Nato, agli Stati uniti e, non ultimo, il conseguente supporto al fatturato dell’industria bellica nazionale.

Per la quale l’Italia spende circa ben 70 milioni di euro al giorno, per un bilancio annuo che si aggira sui 25 miliardi di euro. E per gli F-35 che abbiamo deciso di comprare spenderemo, spalmati nel tempo, una cifra difficile da quantificare essendo quella tecnologia nelle mani Usa, ben 15 miliardi di euro.

Le nostre forze armate, anziché convertirsi a un ragionevole e meno dispendioso supporto alla lotta alle conseguenze del caos climatico montante, continueranno una volta passata «la nuttata» ad esibire forza e tecnologia oltre confine nel défilé bellico occidentale. Intanto, mentre si rendono evidenti i guasti prodotti dai tagli dei vari governi alla sanità pubblica, proveremo a bombardare il virus con gli F-35.

 
 
Tommaso Di Francesco & Gregorio Piccin 

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