Pinotti
La capra e i cavoli della Ministra Pinotti

Si è da poco tenuto a Treviso il raduno nazionale dell’Associazione Nazionale Alpini, la più partecipata e conosciuta associazione combattentistica italiana. Sono anni che gli alpini congedati rinnovano ad ogni occasione ufficiale il loro favore e fervore per una reintroduzione dell’obbligo militare. Questo per le ragioni più disparate tra cui la nostalgia per l’inquadramento che faceva “diventare uomini” e certamente anche la preoccupazione per l’inesorabile emorragia di iscritti da quando la truppa è stata professionalizzata. Ma mentre la base alpina pensa alla reintroduzione della naja così com’era, la posizione dell’Ana, gestita da ex alti ufficiali organici allo stato di fatto, è molto più annacquata e presta il fianco al cerchiobottismo della ministra Pinotti.
Per entrare nel merito del dibattito che annualmente si rinnova sulla questione dell’eventuale reintroduzione dell’obbligo militare vale la pena partire dalle dichiarazioni che la stessa Pinotti e il Capo di Stato Maggiore Claudio Graziano hanno rilasciato a margine della kermesse alpina:
“…Per le missioni internazionali, abbiamo bisogno di militari professionalmente preparati e qui la leva obbligatoria non sarebbe lo strumento più idoneo. Ma l’idea di riproporre a tutti i giovani e alle giovani di questo Paese un momento unificante, non più solo nelle forze armate, ma con un servizio civile in cui i giovani possono scegliere dove meglio esercitarlo, è un filone di ragionamento che dobbiamo cominciare ad avere…”.
A chiarire tecnicamente il concetto di pensa il Capo di Stato Maggiore: “…In molti anni le forze italiane, diventate professioniste, si sono rivelate fra le migliori del mondo. Io ero presente quando la leva è stata sospesa non perché non erano bravi i militari di leva, ma perché non potevano essere impiegati in determinate operazioni, visto che l’impiegabilità deriva anche dall’addestramento e dalla capacità di operare in ambiti internazionali…”.
Traducendo in concreto le dichiarazioni ufficiali la cosa suona un po’ così: …”cari alpini, scordatevi la naja, oggi servono professionisti volontari integrabili nelle operazioni di guerra della Nato e degli Stati uniti. Al massimo possiamo fare una leva civile da integrare nella Protezione Civile perché se per difendere la pace siamo impegnati a combattere all’estero non possiamo e non siamo in grado di intervenire nei terremoti e nei disastri ambientali…”.
Il terzo settore ha applaudito per bocca della Conferenza nazionale enti servizio civile (Cnesc). La leva civile garantirebbe infatti a ong ed associazioni lo stesso afflusso di mano d’opera che prima offriva l’obiezione di coscienza senza incidere sulla proiettabilità e sul prestigioso impegno combattente delle Forze armate di cui la truppa professionale e volontaria è la chiave di volta.
E gli alpini? Hanno applaudito anche loro, forse non comprendendo che sono stati garbatamente presi in giro per l’ennesima volta e che tra qualche anno saranno spazzati via dalla modernità tecnologica del mercenariato, della guerra permanente e dai fatturati dell’industria bellica.
Per entrare nel merito del dibattito che annualmente si rinnova sulla questione dell’eventuale reintroduzione dell’obbligo militare vale la pena partire dalle dichiarazioni che la stessa Pinotti e il Capo di Stato Maggiore Claudio Graziano hanno rilasciato a margine della kermesse alpina:
“…Per le missioni internazionali, abbiamo bisogno di militari professionalmente preparati e qui la leva obbligatoria non sarebbe lo strumento più idoneo. Ma l’idea di riproporre a tutti i giovani e alle giovani di questo Paese un momento unificante, non più solo nelle forze armate, ma con un servizio civile in cui i giovani possono scegliere dove meglio esercitarlo, è un filone di ragionamento che dobbiamo cominciare ad avere…”.
A chiarire tecnicamente il concetto di pensa il Capo di Stato Maggiore: “…In molti anni le forze italiane, diventate professioniste, si sono rivelate fra le migliori del mondo. Io ero presente quando la leva è stata sospesa non perché non erano bravi i militari di leva, ma perché non potevano essere impiegati in determinate operazioni, visto che l’impiegabilità deriva anche dall’addestramento e dalla capacità di operare in ambiti internazionali…”.
Traducendo in concreto le dichiarazioni ufficiali la cosa suona un po’ così: …”cari alpini, scordatevi la naja, oggi servono professionisti volontari integrabili nelle operazioni di guerra della Nato e degli Stati uniti. Al massimo possiamo fare una leva civile da integrare nella Protezione Civile perché se per difendere la pace siamo impegnati a combattere all’estero non possiamo e non siamo in grado di intervenire nei terremoti e nei disastri ambientali…”.
Il terzo settore ha applaudito per bocca della Conferenza nazionale enti servizio civile (Cnesc). La leva civile garantirebbe infatti a ong ed associazioni lo stesso afflusso di mano d’opera che prima offriva l’obiezione di coscienza senza incidere sulla proiettabilità e sul prestigioso impegno combattente delle Forze armate di cui la truppa professionale e volontaria è la chiave di volta.
E gli alpini? Hanno applaudito anche loro, forse non comprendendo che sono stati garbatamente presi in giro per l’ennesima volta e che tra qualche anno saranno spazzati via dalla modernità tecnologica del mercenariato, della guerra permanente e dai fatturati dell’industria bellica.
Gregorio Piccin
PUBBLICATO